L’OBBLIGO VACCINALE E’ SEMPRE STATO
ILLEGALE
Di fronte ad un simile quadro, in perenne
evoluzione e continuo aggiornamento, dove gli organi deputati alla tutela della
salute della collettività non sono in grado di assicurare una strada lineare,
il cittadino comune non può che trovarsi confuso e sfiduciato.
La scienza è una materia in continua
evoluzione e, proprio per il suo insito ed incessante cambiamento, deve
soppesare accuratamente ogni possibile conseguenza.
Davanti alla moltitudine di provvedimenti
e dichiarazioni, spesso contrastanti tra loro, molti sono i dubbi ancora
irrisolti, e le poche certezze rimaste si affievoliscono.
Gli studi sull’immunità sono stati
smentiti da 4 ripetizioni di dosi nell’arco di appena un anno; la non necessità
di un richiamo è stata smentita a distanza di pochi giorni dalle stesse
autorità che l’avevano escluso.
La stessa affermazione per cui la
sollecitazione del sistema immunitario ne diminuisce la risposta immunitaria è
stata smentita dall’applicazione immediata ai soggetti fragili, con un sistema
immunitario già gravemente compromesso, il che espone questa strategia ad una
duplice critica:
– da un lato, in assenza di studi
approfonditi su come la reiterazione del vaccino potrebbe reagire ad altri
medicinali presenti nell’organismo e quali effetti collaterali potrebbe avere
una continua sollecitazione sui soggetti già debilitati, li espone a rischi
ignoti;
– dall’altro, la logica imporrebbe che,
dato il loro stato di salute precaria e in un’ottica di tutela delle persone
più deboli e vulnerabili, siano le ultime ad essere esposte a farmaci di cui
non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine, e su cui la stessa
scienza, come abbiamo visto sopra, rilascia dichiarazioni spesso contrastanti,
dal momento che il corpo umano non è un programma informatico e, se subisce un
danno, non può essere resettato e formattato.
Pertanto, in conseguenza, da un lato, del
continuo mutamento delle raccomandazioni sanitarie; e, dall’altro, delle
numerose violazioni dei principi costituzionali, si ritiene logico concludere
che lo strumento del green pass (rafforzato) e dell’obbligo vaccinale non
trovi una sufficiente base giuridica, per cui è auspicabile e impellente
l’intervento della Corte Costituzionale sul punto.
Le settimane appena trascorse hanno visto
del resto, proliferare numerose sentenze che, esprimendosi in senso contrario
alle pronunce precedenti, manifestano profili di illegittimità della vigente
normativa in tema di imposizione vaccinale.
È il caso dell’ordinanza n. 38 del 17
gennaio 2022 del Consiglio di giustizia Amministrativa per la Regione
Siciliana; dei decreti cautelari nn. 721, 724 e 726 del 2 febbraio 2022 del Tar
Lazio, che hanno ripristinato le retribuzioni dei ricorrenti agenti di polizia
penitenziaria non vaccinati; del decreto
cautelare n. 919 del 14 febbraio 2022 del Tar Lazio di
sospensione di 26 provvedimenti nei confronti di militari inottemperanti
all’obbligo vaccinale (consultabili sul sito https://www.giustizia-amministrativa.it,
alla voce “Decisioni e pareri”); della sentenza n. 1842
dell’ 8.11.2021, depositata il 17 febbraio 2022, del Tribunale di Pisa,
Sezione Penale che ha dichiarato illegittimo il DPCM con cui è stati imposto il
lockdown a marzo 2020; e, da ultimo, l’ordinanza cautelare del Tar Milano n.
192 del 14.2.2022 che ha rimesso alla Consulta la questione
di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale per i sanitari.
Le motivazioni dell’ordinanza di
rimessione non risultano ancora pubblicate, ma, nel richiamare le ragioni sopra
espresse, appare innegabile una grave ed irreparabile lesione dei diritti
fondamentali, tali da poter consentire una pronuncia favorevole da parte della
Consulta, anche alla luce del Doc. n. 15444 e n. 15212 (laddove al punto n. 7
sancisce: “With respect to ensuring high vaccine uptake: 7.3.1.
ensure that citizens are informed that the vaccination is NOT mandatory and
that no one is politically, socially, or otherwise pressured to get themselves
vaccinated, if they do not wish to do so themselves; 7.3.2. ensure that no one
is discriminated against for not having been vaccinated, due to possible health
risks or not wanting to be vaccinated; 7.3.3. take early effective
measures to counter misinformation, disinformation and hesitancy regarding
Covid-19 vaccines; 7.3.4. distribute transparent information on the safety and
possible side effects of vaccines, working with and regulating social media
platforms to prevent the spread of misinformation”, ovvero: “garantire che
i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che
nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per
farsi vaccinare, se non lo desidera; 7.3.2. assicurarsi che nessuno sia
discriminato per non essere stato vaccinato, per possibili rischi per la salute
o per non volersi vaccinare”), della Raccomandazione n. 2222 e n. 2424
(laddove, al punto n. 9.4.3. afferma che i mandati di vaccinazione “non
dovrebbero coprire i bambini fino a quando e a meno che non sia assicurata la
completa sicurezza ed efficacia di tutti i vaccini messi a disposizione, con
particolare attenzione al superiore interesse del bambino, in conformità alla
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia) assunta dal
Consiglio d’europa nel gennaio 2022.
Nè, d’altronde può essere concepibile una
gerarchia o prevaricazione tra diritti inviolabili della Costituzione.
Come affermato dall’attuale Ministro della
Giustizia Marta Cartabia in occasione della presentazione della Relazione
annuale sull’attività della Corte Costituzionale del 2019, «La nostra
Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza […].
Si tratta di una scelta consapevole. Nella Carta costituzionale non si
rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei
tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni
nell’assetto dei poteri. La Costituzione, peraltro, non è insensibile al
variare delle contingenze, all’eventualità che dirompano situazioni di
emergenza, di crisi, o di straordinaria necessità e urgenza […]. La Repubblica
ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi – dagli anni della
lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria – che
sono stati affrontati senza mai sospendere l’ordine costituzionale, ma
ravvisando al suo interno gli strumenti idonei a modulare i principi
costituzionali in base alle specifiche contingenze: necessità, proporzionalità,
bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo
la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela
«sistemica e non frazionata» dei principi e dei diritti fondamentali garantiti
dalla Costituzione, ponderando la tutela di ciascuno di essi con i relativi
limiti».
La stessa Corte Costituzionale, con la
sentenza n. 85/2015, ebbe modo di chiarire che “Tutti i diritti fondamentali
tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e
non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza
assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata
in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro»
(sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata
espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle
altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che
costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.
Per le ragioni esposte, non si può
condividere l’assunto del rimettente … secondo cui l’aggettivo «fondamentale»,
contenuto nell’art. 32 Cost., sarebbe rivelatore di un «carattere preminente»
del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona. Né la
definizione data da questa Corte dell’ambiente e della salute come «valori
primari» (sentenza n. 365 del 1993, citata dal rimettente) implica una “rigida”
gerarchia tra diritti fondamentali. La Costituzione italiana, come le altre
Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e
vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di
assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori
dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono
essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati,
non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico
assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in
anticipo, deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di
proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del
loro nucleo essenziale.”.
Principi che vengono espressi anche nella
Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, in cui vengono riversati tutti
i diritti sopra citati, specificando, in chiusura, attraverso l’art. 30
che “Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di
implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare
un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei
diritti e delle libertà in essa enunciati.”